Corigliano Fotografia 2016 (parte 1)



“Leopoli la vidi col sole pallido di aprile, quando nelle campagne intorno tutto già fermentava come pasta lievitata. In campagna le contadine dalle gonne colorate ballavano attorno alle chiese per il Velykden’ – il Giorno Grande – la Pasqua ortodossa con il trionfo del giorno sulla notte e del Cristo pantocratore d’Oriente sul Cristo sofferente del cattolicesimo.
La città si scuoteva ancora dall’inverno, ne usciva quasi controvoglia. Il freddo ristagnava nei muri delle case trascurate da mezzo secolo, nelle buche piene d’acqua che tormentavano le strade come se la terra volesse inghiottire tutto; e lì si tuffavano i passerotti, mentre dalle grondaie arrugginite la neve sciolta colava nera di fuliggine inzaccherando i passanti.”

E’ uno dei primi brani da Genti di Dio che trascrivo di getto sul mio quaderno-diario, per la potenza narrativa, di sintesi e la bellezza descrittiva di una scrittura che mi coinvolge pagina dopo pagina, e che avverto l’urgenza di fissare ulteriormente su carta di mio pugno. E’ bastato sfogliarne le pagine, insieme a quelle di Nur, per intuire all'istante che Monika Bulaj al Corigliano Calabro Fotografia è un incontro che non posso perdermi assolutamente.
13-15 luglio 2016, La scrittura creativa del reale, il workshop a cui mi iscrivo al volo e di cui attendo impaziente l’inizio. I primi giorni del mese trascorrono fra l’ascolto di tutti i filmati su di lei reperibili sul web (vorrei buttar giù qualche domanda da farle per la nuova stagione di Kodachrome), la lettura dei testi e la preparazione delle 12 fotografie richieste a ciascun partecipante del workshop perché ne costruisca un racconto. Ho sempre una certa difficoltà a concepire una sequenza di mie foto prive di testo che abbiano un qualche senso. Ma ci provo lo stesso.
Rapito letteralmente dalla delicatezza del timbro vocale della Bulaj, inizio ad accumulare elementi preziosi ascoltando le sue interviste e i suoi interventi in varie parti d’Italia. Si delinea sempre più nella mia testa, così, l’enorme importanza del suo lavoro, il suo ammirevole approccio alla vita, la sua straordinaria sensibilità e predisposizione all’ascolto. Solo in questo modo si possono ottenere certe fotografie e raccontare il mondo così come continuo a leggere nei suoi libri.
Arriva finalmente il primo giorno a Corigliano. Monika ci accoglie con semplicità, occhi azzurri e figura slanciata, un sorriso che spiazza e grande attenzione a tutti noi, sin dai primi istanti. Una grande generosità per l’altro, quella della Bulaj. Sembra quasi di vederla immersa fra le genti afghane o i lemki nel suo paese d’origine...
Inizia parlandoci un po’ di lei, del suo viaggiare e introduce la visione delle sue prime foto con Mozart in Egypt, passatole dal figlio, ci dice, un cd raro da reperire che ascolta oggi per la prima volta. Migliore incipit non avrei potuto immaginare, io che quell’album conosco a memoria e che del compositore austriaco ho fatto la “colonna sonora” della mia esistenza. Parte la prima traccia e vorrei avvisarla che fra meno di due minuti il brano prenderà una piega sonora non del tutto consona alle immagini che stanno scorrendo. E infatti, all’esplodere dell’overture de Il ratto dal serraglio, deve abbassare il volume di scatto. La traccia cinque (...for oud & piano) sarebbe stata ideale. Ma tutto quel fragore gioioso, in fondo, descrive bene come io mi senta in quel momento.



Inizia la visione dei primi lavori. La sua capacità di selezionare, snellire, accostare le immagini tra loro è strepitosa. Riesce sempre ad essere propositiva, a incoraggiare una visione che abbia dell’armonico, sempre. Non è una semplice lettura portfolio, la sua, è un entrare in empatia con l’autore cercando di migliorarne non soltanto la sequenza delle immagini ma sopratutto il senso profondo di ciò che si vuol raccontare. E si entusiasma in continuazione, tanto!, nel vedere gli scatti che più le piacciono. Chiede del dove, del come e del perché di ciascuno. Rende partecipi tutti ad ogni visione. In una speciale coralità di sguardi proseguono le carrellate successive, sino alla mostra affascinante di Regina De Luca, al cui allestimento assistiamo in gruppo, compreso quello degli Appunti afghani della stessa Monika (splendido e potente affresco di fotografie in bianco e nero).
Il caldo del primo giorno è davvero opprimente, la sala in cui stiamo tutto il tempo mette a dura prova la resistenza di tanti. Io sono a pezzi, ma le continue iniezioni di bellezza che mi arrivano da quei momenti mi restituiscono le forze.
Trascorsa un’oretta a conclusione del primo giorno di workshop, sono già fuori fra le viuzze del centro storico a scattare qualche foto che racconti Corigliano (è parte del compito affidatoci da presentare già dal giorno successivo). Fa ancora molto caldo, l’aria è densa, nonostante ci si appresti al termine della giornata. Il primo scatto arriva inaspettato mentre passeggio ai piedi del castello ducale; con la coda dell’occhio noto un signore tutto intento a controllare i manifesti mortuari ed i riflessi su un’automobile parcheggiata proprio lì fanno il resto:
https://profcamarchivio.files.wordpress.com/2016/07/dsf4134bisq.jpg

Piacerà molto a Monika, questa foto. Ne rivelerà dei contenuti che, come spesso mi succede, non ero stato in grado di percepire al momento dello scatto. Stava succedendo qualcosa e ho cercato di coglierlo nel modo più equilibrato possibile, questo sì. Ne è valso di certo un grande insegnamento dalla profondità di lettura della docente. Anche questo, o forse soprattutto questo, per me, è fotografia.
Con le ultime due immagini provo ancora a fermare qualche istante di vita nel paese:
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https://profcamarchivio.files.wordpress.com/2016/07/dsf4150bisq.jpg
https://profcamarchivio.files.wordpress.com/2016/07/dsf4161bisq.jpg

La restante parte del giorno trascorrerà in una splendida villa di Schiavonea, fra vecchi amici e nuovi, un clima piacevole e stimolante e innumerevoli pietanze a dir poco deliziose.

(parte 2)
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