La mia sveglia suona alle 6:30,
la mattina del secondo giorno a Corigliano. Sembra ci sia un clima meno afoso,
oggi. Staremo a vedere...
C’è ancora poca gente in giro.
Non riesco a cogliere momenti che mi trasmettano qualcosa. Sale
l’insoddisfazione... Naturalmente dipende da me, dalla poca intraprendenza a
tuffarmi disinvolto fra la vita comunque presente di primo mattino. Un cagnolino
un po’ triste, una rosa gettata a terra davanti l’entrata di un garage, un bel
campanile e la balconata di un palazzo storico da cui non si affaccia nessuno,
nonostante le mie preghiere; sono i pochi e inconcludenti scatti che riesco ad
ottenere nella prima mezz’ora.
Mi accorgo a un certo punto di
un’Ape a furgoncino per la consegna del pane a domicilio. Dalle mie parti non
c’è affatto questo genere di servizio. Mi incuriosisco e cerco di avvicinarmi.
Ma il ragazzo del panificio rimette in moto e parte verso altre consegne...
Peccato! Quando ritorno, però, lungo le mura del castello ducale, una busta
appesa a una porta attira la mia attenzione. Inquadro e scatto:
Il proprietario di casa che
includo nel fotogramma mi conferma che è un altro modo per consegnare il pane
fresco ai clienti abituali (e in effetti il profumo che sprigiona quella busta
la dice lunga sulla fragranza degli sfilatini che contiene).
Incrocio Emanuele, compagno di
workshop, all’uscita del bar pochi metri più avanti, anche lui alla ricerca di
foto che raccontino il luogo. Qualche passo insieme ed io ritorno indietro. C’è
un parrucchiere per signora la cui struttura è incastonata in un in bel
contesto architettonico. Con gentilezza mi accoglie il Sig. Pasquale, lì in
attività dalla metà degli anni ’80. Conosce il Festival ed anche lui ha la
passione per la fotografia. Mi mostra il suo ambiente di lavoro, con la più
antica delle sale curiosamente tappezzata di croci a una parete:
Sono regali di clienti ed amici,
dall’Italia e dall’estero. C’è anche la croce di una bara, la più grande della
collezione... Prima di salutarci ci scambiamo i contatti. Gli manderò le foto,
come faccio normalmente in questi casi.
Fra i vicoli dei paesini
calabresi i gatti non mancano mai. Ne ho fotografato non so più quanti negli
ultimi anni. A volte erano gli unici soggetti viventi nei miei scatti di
un’intera giornata. Corigliano Calabro, naturalmente, non fa eccezione:
Ce n’è uno appollaiato proprio di
fronte la finestra della mia stanza, quando ritorno al bed and breakfast e
inizio a sviluppare le poche foto tirate fuori nelle ultime ore.
Comincia così il secondo giorno
di workshop. E’ la volta della lettura delle mie 12 fotografie. Monika le
guarda con attenzione, inizia a riordinarle secondo degli accostamenti a cui
non avrei mai pensato. Altri, invece, rispecchiano un’alternanza di situazioni
molto vicina alla mia sequenza originale. Ne esclude due, evidentemente più
didascaliche delle altre:
Concordo con la scelta, hanno un
che di meno dinamico, più “tranquille” e descrittive delle restanti. Potrebbero
comunque starci all’interno di un racconto in cui la parola scritta conduce il
senso dell’insieme, ma la visione di Monika è qualcosa di molto più raffinato,
me ne rendo ben conto. Giustappone le immagini seguendo spesso una linea
estetico-formale che funziona eccezionalmente. E’ come se, oltre al procedere
della narrazione, tenga sempre presente l’idea di un contesto espositivo o
dell’editing in un testo. E non è un caso che, viste le due esclusioni, le sue
preferite della mia serie siano le più "in movimento" di tutte:
Da qui nasce anche il tema
assegnatomi per il giorno seguente (come ha già fatto con tutti gli amici di
cui ha già visionato i lavori): il movimento, la leggerezza, il volo. Caspita!,
mi dico, e ora cosa faccio?!!? Tra l’altro comincio a risentire della
stanchezza accumulata dai due giorni, le ore di sonno perse ed il caldo che
ancora non dà tregua...
Rincuorato dai riscontri positivi
ottenuti dalle mie prime foto fatte sul posto, inizio a programmare le ore
successive, prima che calino le luci della sera. Penso subito ai ragazzi della
piazzetta. Alle 18:30 circa sono già lì ad osservarli. Il caso vuole che non
stiano giocando a calcio, come più spesso succede, ma a “schiaccia 7” (così, alla loro età,
chiamavamo quel gioco io e i miei amici): una serie di 6 palleggi aerei e di
schiacciate ad eliminazione diretta. Li seguo per circa un’ora, nella speranza
di cogliere qualcosa che abbia a che fare col compito ricevuto (aggiungendovi
in fase successiva anche il frullo delle ali di un colombo):
Profondamente insoddisfatto, proseguo verso la chiese vicina. Ci sono scenari decisamente interessanti al suo interno, ma non riesco a trarne nulla di buono:
Sono stanchissimo adesso, le gambe vanno quasi da
sole. Apro il mio taccuino e rileggo una frase di Monika, fra le tante
trascritte come materiale per l’intervista che vorrei farle: "Non bisogna essere forti per fare
certe cose, perché si può voltare sempre la difficoltà al vantaggio, e la
nostra fragilità ci può aiutare a scoprire il mondo." Incoraggiato da
queste parole, cerco di adattarle alla mia situazione attuale e proseguo verso
i vicoletti più angusti di un centro storico sin’ora mai visitato. Scopro
strettissimi scorci di fascino inaspettato. Mi ci perdo letteralmente dentro. Fino
a che mi si presenta davanti un bel portale baroccheggiante con tanto di
nicchia votiva ed accesso sbarrato con un sistema del tutto “originale”. Sento
una bambina giocare nella viuzza appena di fianco. Mi piego sulle ginocchia ed
aspetto. Il suo palloncino, a un certo punto, arriva proprio davanti al
portale. Due scatti soltanto, nel secondo dei quali la bimba si trova nella
migliore delle posizioni possibili:
Qualcosa è successo, me ne rendo
conto. Fra le altre, domani, mostrerò anche questa foto. Chissà...
(parte 3)
(parte 3)
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2 commenti:
Complimenti, ho visto qualche foto e non mi resta che complimentarmi, ho visto PROPRIO delle belle immagini.
Grazie del passaggio Mimmo, e degli apprezzamenti :)
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