Ci son
giornate in cui poche ore appena bastano per gustarsi un campione strabiliante
della diversità in specie alla foce del Neto.
La primavera è la stagione dei ritorni, delle promesse mantenute.
Un
fazzoletto di terra a pochi metri dalla spiaggia, sempre lo stesso, mi offre
ogni anno la fioritura in successione delle orchidee mediterranee.
E’
l’Ophrys bertolonii, quella dalle maggiori dimensioni fra le specie dell’area,
che fotografo per prima. Il grosso labello a forma di sella con la sua macula
traslucida è il carattere distintivo del suo magnifico fiore:
Fra tutte, la mia preferita è
l’Ophrys holosericea apulica, anch’essa di grande dimensioni (si fa per dire,
naturalmente, solo a confronto con le altre specie, tutte comunque molto
piccole e difficili da individuare per un occhio non allenato). Ne riprendo
diversi esemplari, tutti vicini fra loro, un paio in particolare meritano di
esser mostrati:
Mi dirigo fra le radure
cespugliose lungo le sponde del fiume ed incontro un’orchidea tipica di questo
periodo, l’Ophrys passionis, fra le più difficili da rendere efficacemente in
fotografia per la disposizione intricata dei vari fiori lungo lo scapo:
E’ ormai tardi per le Ophrys
incubacea, son tutte già sfiorite, ma inaspettatamente ne ritrovo una con
l’ultimo fiore un po’ ingiallito, ugualmente bello:
Dal fiume, intanto, mi arrivano i
versi d’allarme di uccelli acquatici che riconosco come limicoli ed aironi.
Proseguo un po’ dolorante verso la sponda (le macro a soggetti piccoli come le
orchidee richiedono posture davvero scomode, il cavalletto nonostante). Cambio
obiettivo e mi avvicino furtivo districandomi fra le tamerici, i giunchi e gli
spinosissimi cardi. Lo spettacolo che mi si presenta è più fruttuoso di quello
che pensassi: Aironi cenerini, Combattenti, Gambecchi, Piovanelli, Corrieri
grossi, Avocette, un Cavaliere d’Italia ed altre specie d’acque basse:
Tutti restano a una certa
distanza da me, nonostante i miei sforzi di mimetizzarmi fra la vegetazione
palustre. Solo un irrequieto Piro piro piccolo, col ciondolante e continuo su e
giù della coda, si avvicina più degli altri alla mia postazione:
Un altro scatto ai piccoli
trampolieri, disposti ordinatamente lungo la sponda sud del Neto, fra cui
spiccano, per l’eleganza della livrea bianca e nera, le tre Avocette adulte:
Quando, ad un tratto, la
silhouette di un Falco di palude si staglia in cielo minacciosa:
E pone in allarme molti dei
limicoli posati a pochi metri da me, facendone involare la maggior parte,
Avocette e Gambecchi compresi:
Due, rapide in volo, passano
basse sulla mia testa. Faccio appena in tempo a coglierle nel mirino della mia
fotocamera:
Dopo di che riposo un po’,
seguendo lo scorrere dell’acqua ed osservando col binocolo altri volatili che
nel frattempo ritornano a setacciare il fango ai bordi del fiume.
Quando rimetto l’attrezzatura
fotografica nello zaino, per riprendere il sentiero verso il ritorno all’auto,
un ultimo inaspettato incontro mi impone di stendermi fra l’erba ancora una
volta.
E’ la
prima Ophrys apifera della stagione! Piccola e tenace, si fa strada quasi a
fatica con i suoi rosei sepali ancora non del tutto distesi. Senza dubbio la
più delicata fra le specie del Neto:
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